Web Tax verso l'approvazione definitiva

Web Tax verso l'approvazione definitiva

Approvata dalla commissione Bilancio della Camera quella che viene indicata come Web Tax, una nuova norma che obbliga chi vende online beni e servizi pubblicitari ad utilizzare sempre una partita IVA italiana. Il fine è quello di mantenere sotto il fisco nazionale transazioni che riguardano clienti nazionali

di pubblicata il , alle 11:09 nel canale Mercato
 

Un emendamento alla legge di stabilità approvata dalla commissione Bilancio della Camera ha introdotto la cosiddetta Web Tax, imposta che obbliga le aziende internazionali che operano in Italia a vendere online a operatori italiani dotati di partita IVA (aziende e liberi professionisti) utilizzando sempre una partita IVA italiana. L'emendamento verrà discusso in Senato nella giornata di domani, dove è ipotizzabile otterrà la fiducia divenendo legge della Repubblica.

Nello specifico questo quanto recita l'emendamento approvato in commissione alla Camera nella serata di Venerdì, articolo 17-bis:

1. I soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media e operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA italiana.

2. Gli spazi pubblicitari online e i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca (altrimenti detti servizi di search advertising), visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito o la fruizione di un servizio online attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobile, devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti (editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario) titolari di partita IVA italiana. La disposizione si applica anche nel caso in cui l'operazione di compravendita sia stata effettuata mediante centri media, operatori terzi e soggetti inserzionisti.

3. Il regolamento finanziario, ovvero il pagamento, degli acquisti di servizi e campagne pubblicitarie online deve essere effettuato dal soggetto che ha acquistato servizi o campagne pubblicitarie online esclusivamente tramite lo strumento del bonifico bancario o postale, ovvero con altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni ed a veicolare la partita IVA del beneficiario.

Quale l'implicazione diretta? Aziende internazionali che operano nel mercato online italiano vendendo beni e servizi sul mercato nazionale dovranno possedere una partita IVA italiana e veicolare questi acquisti direttamente su questa posizione IVA. Detto in altri termini, vendendo online a clienti italiani queste aziende dovranno necessariamente fatturare in Italia: verrà quindi applicata l'IVA nazionale e il fatturato generato sarà imputato alla filiale italiana ai fini fiscali.

Quello che viene contestato al momento, e che con la web tax vuole venir risolto, è che importanti multinazionali che operano online sia nel settore del commercio elettronico sia nella vendita di spazi pubblicitari fatturino beni e servizi dalle proprie filiali estere appartenenti alla comunità europea, vendendo in Italia ma in modo che l'operazione di compravendita non passi attraverso il fisco italiano. Fatturato e utile di operazioni svolte con clienti italiani rimangono quindi all'interno dello stato della filiale europea utilizzata da queste aziende, tipicamente quella irlandese a motivo della politica fiscale più redditizia tra quelle dei paesi dell'unione, senza che questo possa in qualche misura ricadere sulla filiale della nazione nella quale la vendita viene fatta.

Resta il dubbio che questa nuova norma possa andare contro le direttive europee, incorrendo in una procedura di sanzione: è ipotizzabile infatti che una norma di questo tipo possa andare direttamente contro il concetto di libero scambio all'interno dei paesi aderenti l'unione. A Bruxelles questo argomento è da tempo all'ordine del giorno ma la UE non si è ancora ufficialmente pronunciata a riguardo. Varie altre nazioni europee stanno valutando interventi legislativi simili a quello italiano; in particolare Francia e Portogallo sono orientate in questa direzione ma è da escludere che, quantomeno in prospettiva, si possa trattare di casi isolati.

Una mossa che punta a riportare sotto il perimetro del fisco italiano il fatturato della vendita di beni e servizi online ottenuto con aziende italiane, che potrebbe quantomeno in teoria spingere le multinazionali chiamate in causa (Google, Amazon, Apple giusto per citare le 3 più famose) a poter ridurre il proprio impegno nel mercato italiano. Queste aziende saranno direttamente colpite non sul fatturato complessivo quanto sul reddito dopo le imposte, superiori secondo il fisco italiano rispetto a quelle ottenibili in Irlanda. Diventerebbe in questo caso ben più difficile ottenere gli elevati livelli di marginalità ottenuti sino ad ora, con però una ricaduta positiva per i contribuenti italiani nella forma di superiori entrate per l'erario rispetto a quanto ottenuto sino ad oggi.

Molti osservatori dipingono scenari quasi catastrofici, ipotizzando che questa norma potrebbe portare ad una completa uscita dal mercato nazionale online di questi operatori. Riteniamo queste ipotesi poco pratiche, frutto più di un timore che di una situazione che effettivamente si potrà verificare, ma è evidente come se approvata questa norma vada a creare uno scenario unico tra gli altri paesi dell'Unione. Non è da sottovalutare la portata complessiva di questa norma, che potrebbe portare ad una procedura di sanzione da parte dell'UE, oltre al danno d'immagine. Riteniamo che l'impostazione di base, quella di mantenere sul suolo della nazione dove la transazione commerciale si verifica anche la parte fiscale, sia corretta a livello generale ma l'attuazione pratica eccessivamente vincolante nella formulazione attuale.

Se è semplice pensare che Google, Amazon, Apple o altra multinazionale possa facilmente aprire una filiale italiana, se già non presente, e veicolare su questa il proprio business online svolto verso clienti italiani ben diverso lo scenario nel caso di operatori più piccoli. Si corre il rischio che molte aziende internazionali di dimensioni non rilevanti interessate al nostro mercato trovino in questa norma un freno, legato in primo luogo alla complessità nell'apertura di una posizione IVA italiana e nel dover seguire correttamente tutti gli adempimenti fiscali previsti. In una nazione come la nostra dove il motore dell'economia è fatto dalla moltitudine di piccole e medie aziende è il caso di pensare a quale ostacolo per una crescita del proprio business una norma di questo tipo, applicata da nazioni estere, potrebbe avere sulle nostre di aziende interessate ad estendere l'export.

80 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - info
Paganetor16 Dicembre 2013, 11:14 #1
che casino... quindi (per fare un esempio) se volessi comprare da amazon.co.uk potrei farlo solo se questo aprirà una P.iva italiana? Oscureranno i siti che non possono vendere (un po' come avviene con quelli legati al gioco d'azzardo)?
Non ci sarà più il problema dei dazi in dogana, allora? Se acquisto dall'estero è perché sono passato da un negozio autorizzato, il quale avrà già pagato le imposte dovute... o no?

Io capisco e sono d'accordo sul fatto che molte aziende debbano regolarizzare i propri fatturati e utili in Italia, ma ho paura che questo si tradurrà unicamente nell'ennesimo balzello per gli acquirenti...
calabar16 Dicembre 2013, 11:18 #2
Francamente mi sembra una cosa folle, non tanto per il fine, ma per il mezzo.
Immaginate un piccolo esercizio commerciale che spedisce in tutta Europa, chi glielo fa fare a crearsi una Partita IVA italiana? Se tutti facessero così ogni esercizio dovrebbe creare una partita iva per ogni Paese, sarebbe una cosa senza senso.

Potrebbe avere senso se questo obbligo ci fosse per quegli operatori che muovono un certo volume d'affari in Italia, in tal caso il costo e lo sbattimento per la partita iva nazionale sarebbero assorbiti in modo più indolore.
dtreert16 Dicembre 2013, 11:21 #3
spero che l'unione europea si inc@zzi non poco per sta storia
Paganetor16 Dicembre 2013, 11:21 #4
tra l'altro non dovrebbe esserci in Europa una cosa chiamata "libera circolazione delle merci"?
!fazz16 Dicembre 2013, 11:22 #5
Originariamente inviato da: Paganetor
che casino... quindi (per fare un esempio) se volessi comprare da amazon.co.uk potrei farlo solo se questo aprirà una P.iva italiana? Oscureranno i siti che non possono vendere (un po' come avviene con quelli legati al gioco d'azzardo)?
Non ci sarà più il problema dei dazi in dogana, allora? Se acquisto dall'estero è perché sono passato da un negozio autorizzato, il quale avrà già pagato le imposte dovute... o no?

Io capisco e sono d'accordo sul fatto che molte aziende debbano regolarizzare i propri fatturati e utili in Italia, ma ho paura che questo si tradurrà unicamente nell'ennesimo balzello per gli acquirenti...


questo poco ma sicuro
pirlano16 Dicembre 2013, 11:24 #6
Originariamente inviato da: Paganetor
tra l'altro non dovrebbe esserci in Europa una cosa chiamata "libera circolazione delle merci"?


Che tra l'altro è rimasto l'unico vantaggio di essere nell'UE
s0nnyd3marco16 Dicembre 2013, 11:26 #7
Originariamente inviato da: dtreert
spero che l'unione europea si inc@zzi non poco per sta storia


E' follia pura: rischiamo una procedura di infrazione per violazione al diritto comunitario. Senza contare i disagi alle imprese (che gia' fuggono dall'italia) ed ai consumatori.
Defragg16 Dicembre 2013, 11:26 #8
La cosa è anche giusta, se ci riferiamo a realtà come Apple, Google, Amazon, Microsoft e compagnia bella che pagano tasse inique alla facciazza nostra.
Il problema nasce con le medio-piccole realtà, che snobberebbero totalmente l'Italia.

MEH.
Mparlav16 Dicembre 2013, 11:27 #9
Nella sua attuale stesura, viola fin troppo facilmente il trattato di libero scambio.
Deve essere trovata una soluzione sul pagamento delle imposte e può essere fatta solo a livello europeo, ma non c'è un vero interesse affinché ciò avvenga.
anac16 Dicembre 2013, 11:27 #10
Originariamente inviato da: dtreert
spero che l'unione europea si inc@zzi non poco per sta storia


non so come fate a dire queste cose : un'azienda italiana deve pagare tutte le tasse mentre per voi va bene che una azienda straniera non le paghi e dopo noi ci becchiamo l'ennesimo aumento delle tasse ......
se google esce dal mercato italiano per me e' meglio dato che si aprirà il mercato per nuove aziende e nuovi posti di lavoro

sulla legge diciamo che e' un buon inizio non e' fatta benissimo pero per iniziare va bene

Devi effettuare il login per poter commentare
Se non sei ancora registrato, puoi farlo attraverso questo form.
Se sei già registrato e loggato nel sito, puoi inserire il tuo commento.
Si tenga presente quanto letto nel regolamento, nel rispetto del "quieto vivere".

La discussione è consultabile anche qui, sul forum.
 
^