Dispositivi nanoelettronici adesivi, grazie alla Stanford University
I ricercatori elaborano un nuovo metodo di produzione per realizzare dispositivi di nanoelettronica capaci di aderire a qualunque superficie
di Andrea Bai pubblicata il 03 Agosto 2011, alle 12:25 nel canale Scienza e tecnologiaUn team di ricercatori della Stanford University ha messo a punto un nuovo metodo di produzione di nanocircuiteria elettronica che permette di attaccare dispositivi nanoelettronici a qualunque superficie di qualsiasi forma e materiale. Il nuovo metodo apre la strada alla produzione di sensori biologici, dispositivi medicali, display flessibili e dispositivi elettronici indossabili.
Il metodo di produzione prevede di ricoprire il wafer di silicio sul quale verrà prodotta la nanocircuiteria con uno strato di nickel ed un particolare polimero. A seguito della realizzazione del dispositivo sarà sufficiente una normale immersione in acqua a temperatura ambiente che permetterà allo strato di nickel e al dispositivo soprastante di staccarsi dal rigido wafer di silicio, il quale potrà inoltre essere riutilizzato per la produzione di altri dispositivi, con un notevole contenimento dei costi di produzione.
Lo strato di polimero è molto flessibile, e consente pertanto di far aderire il dispositivo nanoelettronico a qualunque superficie: il gruppo di ricercatori ha testato, con successo, diversi materiali come carta, tessuto, plastica, vetro alluminio e lattice, oltre ad una lattina e ad una bottiglia di plastica schiacciate. Lo spessore dello strato polimerico è di 800 nanometri. La caratteristica che consente al dispositivo di essere così flessibile senza danneggiarsi è la ridotta lunghezza dei nanocavi utilizzati per fabbricare la circuiteria. I nanocavi sono lunghi appena un paio di millesimi di millimetro, che consente loro di essere sottoposti ad una bassissima tensione quando si trovano su superfici curve.
Il team di ricercatori vede la ricerca biologica come una delle principali aree in cui i dispositivi nanoelettronici fabbricati con questa tecnica potrebbero trovare ampia applicazione. In linea teorica sarebbe infatti possibile realizzare dei sensori che possano essere applicati direttamente agli organi, come il cuore o il cervello, in maniera tale da rilevare e misurare i segnali elettrici e poter così monitorare eventuali patologie. Sensori che magari potrebbero essere alimentati da una nanobatteria come quella realizzata dai ricercatori della Rice University, e della quale abbiamo parlato in questa notizia.
2 Commenti
Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - infoWow, molto interessante. Anche se non c'entra tanto, chissà se nel giro di trent'anni saremo in grado di ricostruire arti umani?
Wow, molto interessante. Anche se non c'entra tanto, chissà se nel giro di trent'anni saremo in grado di ricostruire arti umani?
30 anni? Ma se gia' ora ti ricostruiscono ossa e muscoli...
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